Scritto da Marcello Corbelli
Bizzarra e misteriosa come una bella donna, che sa di essere bella, l’Elsa è femmina e nasce fra le pietre calcaree del crinale occidentale della Montagnola Senese, nei pressi di Pieve a Molli dove, da alcune sorgenti davvero rare in questa catena di monti sgorga l’Elsa, che nel suo corso iniziale prende il nome di Elsa Morta, perché appare e scompare fra lo strato e il substrato del suo letto, lasciando erroneamente pensare non tanto a una sorgente, quanto a un fosso alimentato solo dalle acque piovane.
Dalle pendici della Montagnola Senese, l’Elsa Morta scende nell’ampia vallata dei Piani della Speranza e Dell’Olmino per poi congiungersi, nei pressi dell’abitato di Gracciano, con le acque del Borro degli Strulli, dando così vita all’Elsa Viva, dove confluiscono anche i reflui delle antiche terme romane delle Caldane.
Sarebbe davvero molto interessante anche parlare delle gore, delle vasche e degli altri manufatti storici di cui è straordinariamente ricco questo tratto iniziale dell’Elsa, ma cedere al fascino di questi argomenti porterebbe inevitabilmente a perdere di vista lo scopo prefisso e quindi …parliamo di pesca.
Poche centinaia di metri a valle della confluenza con il Borro degli Strulli, subito alle spalle del borgo di Gracciano, l’Elsa, ancora imbrigliata nel suo piccolo alveo torrentizio, si apre improvvisamente e il suo letto si allarga per più di una decina di metri ed è lì, fino al ponte di San Marziale, che grazie all’impegno dei pescatori della zona, è stato istituito un minuscolo campo gara diviso in due zone: Orti” e Marmifera; buone per ospitare una ventina di persone pronte a sfidarsi a suon di cavedani e barbi, anche nei mesi più freddi e questo grazie alle acque termali delle vicine Caldane che affluiscono all’Elsa, scaldandola un pò.
Agli “Orti” si pesca in un metro di acqua cristallina e si vedono benissimo i cavedani che si lanciano famelici sulle copiose fiondate di bigattini. Qui è la roubasienne la fa da padrone, in una pesca necessariamente molto sofisticata, da affrontare con galleggianti da 0,10-0,20 grammi e talvolta anche più leggeri per avere la meglio sugli astuti cavedani, così com’è indispensabile utilizzare ami senza ardiglione del n° 25, legati su dei finali dello 0,07 e ammortizzati con elastici da 0,8/0,6 mm , ma attenzione: questo genere di approccio non è un’eccezione data dalle caratteristiche della zona, ma una costante in tutto l’Elsa, perché questo fiume è uno dei pochi paradisi rimasti dove, salvo poche eccezioni, si pescano ancora prevalentemente barbi canini e cavedani.
Alla “Marmifera” invece, sulla sponda opposta rispetto agli “Orti”, si pesca in una profonda buca, davanti a un’imponente parete rocciosa sovrastata dalle abitazioni a strapiombo sull’acqua, che termina in corrispondenza del ponte di San Marziale; anche in questo caso la tecnica di pesca è la stessa, magari aumentando solo di poco il peso della lenza, senza però mai superare gli 0,30 grammi .
Terminato il tratto della “Marmifera”, poco a valle del ponte, percorrendo a piedi il “Sentiero dell’Elsa”, si apre davanti agli occhi uno spettacolo degno del pennello di un macchiaiolo, che vale da solo l’impegno di un’uscita: brevi raschi e piccole cascatelle, alternati a dei “tomboli” di acqua azzurra e il tanto verde di una vegetazione fresca e rigogliosa, sono ciò che l’Elsa offre al pescatore. Il fiume prosegue costeggiando la città di Colle Di Val D’Elsa e poi l’abitato di Poggibonsi, ed è proprio in quest’ultima cittadina valdesana che c’è un luogo conosciuto come “Il Masso”: un ritrovo classico dove i pescatori locali si misurano e si sfottono fra di loro, godendo delle particolari emozioni che solo la pesca al cavedano riesce a suscitare.
Lasciato l’abitato di Poggibonsi, nella vicina pianura sottostante il borgo di Ulignano, l’Elsa regala ancora altri scorci di naturale bellezza e di buon pescare. In questo tratto, c’è una piccola briglia per la regimazione delle acque che forma a monte una piana a lento scorrimento, comodamente accessibile, redditizia e molto interessante per gli amanti della pesca in passata dove, oltre ai soliti cavedani, si possono agganciare anche delle belle carpe.
Percorsi ancora pochi chilometri, si giunge a Certaldo ed è proprio nella città del Boccaccio, in mezzo al suo parco urbano, è stato istituito un campo di gara molto apprezzato tanto dagli agonisti, quanto dai pescatori per diletto, che in questo caso avranno a che vedere non solo con i soliti furbissimi cavedani, ma anche con qualche rara carpa e con una buona popolazione di carassi, residuo ormai naturalizzato di ripopolamenti fatti molti decenni addietro. Dopo Certaldo dobbiamo percorrere ancora una decina o più chilometri per arrivare a Granaiolo, dove troviamo uno dei campi di gara più apprezzati a livello nazionale e, al pari di Umbertide, è conosciuto nel mondo della pesca come patria indiscussa della pesca al cavedano.
Abbiamo lasciato le acque giovani e cristalline dell’Elsa di Gracciano e siamo arrivati a Granaiolo, nel classico basso corso di un fiume, dove il fondale fangoso, ricco di limo e il fitoplancton opacizzano l’acqua e questo potrebbe lasciar pensare che in certe condizioni possiamo utilizzare lenze più pesanti e fili più robusti per avere la meglio sui cavedani valdelsani, ma è bene sapere che sarebbe un grave errore, perché la pesca nell’Elsa è esattamente la stessa, dalle sorgenti alla confluenza con l’Arno; ami microscopici, finali impalpabili e galleggianti appena visibili, sono una costante anche qui, poiché tutti i pesci dell’Elsa sono esattamente come l’Elsa stessa…bizzarri e misteriosi come una bella donna, che sa di essere bella.
Marcello Corbelli